Le nuove generazioni, oltre a portare innovazione e punti di vista alternativi, fanno emergere modalità e approcci totalmente differenti rispetto alle abitudini maturate da quelle precedenti
Il 57% degli HR Manager percepisce un’importante difficoltà comunicativa con la Gen Z per via delle aspettative nei confronti del lavoro, dei diversi modi espressivi e dei valori professionali che non coincidono soprattutto con quelli della Gen X
Le innovazioni tecnologiche aiutano a superare il divario, ma tra gli aspetti percepiti come più urgenti da adattare in base alla generazione delle persone coinvolte spiccano l’adozione di politiche di lavoro flessibile, la pianificazione della carriera, formazione, iniziative di team building e creazione di gruppi di età mista
La sfera del lavoro evolve di continuo e a evidenziarne le nuove sfumature sono i giovani che iniziano percorsi all’interno di aziende. Le nuove generazioni, oltre a portare innovazione e punti di vista alternativi, fanno emergere modalità e approcci totalmente differenti rispetto alle abitudini maturate da quelle precedenti. Il gap tra Gen X (nati tra il 1965 e il 1980), Millennials (inizi degli anni ’80 e la metà degli anni ’90) e Gen Z (tra il 1997 e il 2012) si evidenzia infatti negli approcci, nei bisogni e nelle modalità di lavoro differenti da quelle “tradizionali”, e questo spesso comporta incomprensioni e ostacoli nella collaborazione.
Reverse, società internazionale di headhunting e risorse umane, ha sottoposto a un centinaio di HR Manager una survey sul divario intergenerazionale. Tra i dati emersi risulta che quasi il 57% percepisce un’elevata o molto alta difficoltà comunicativa con la Gen Z per via delle aspettative nei confronti del lavoro, dei diversi modi espressivi e dei valori professionali che non coincidono soprattutto con quelli della Gen X. Infatti, a differenza delle generazioni più vecchie, gli aspetti più apprezzati dalla Gen Z sono – in ordine di importanza – equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, corretta retribuzione e possibilità di fare carriera, conta invece molto poco la stabilità lavorativa (forse figlia di una tendenza a cambiare a seconda di opportunità economiche e di crescita che si modificano e si elevano nel tempo). Al contrario di Millennials e Gen X dove il work life balance conta molto poco rispetto alla crescita e alla stabilità lavorativa.
La Gen Z preferisce dare maggior importanza alla sfera privata e ai valori individuali anziché a quelli aziendali e alle performance. Queste priorità vengono spesso confuse con indifferenza e procrastinazione nei confronti del proprio ruolo: si tratta invece di una sorta di conseguenza influenzata dal panorama lavorativo italiano che da un lato scarseggia di lavoro e che dall’altro offre salari incapaci di rispondere al costo della vita sempre più alto. Queste condizioni demotivano i giovani ormai consapevoli di non poter ricevere un trattamento meritocratico e proporzionato al lavoro svolto nella propria azienda. Questi infatti rientrano tra i motivi che hanno spinto oltre 100mila giovani a lasciare la Penisola tra il 2022 e il 2023 nella speranza di trovare migliori prospettive di vita. Questa costante fuga di cervelli è costata all’Italia circa 134 miliardi negli ultimi 13 anni.
L’indagine di Reverse
I risultati dell’indagine condotta da Reverse offrono una fotografia nitida di come questa situazione viene affrontata dalle aziende, e di come gli HR Manager si stanno muovendo per creare un ambiente di lavoro sereno, inclusivo e produttivo attraverso l’adozione di strategie utili a superare queste barriere. Il 75% sente infatti una forte urgenza di adattare il proprio stile comunicativo alle diverse generazioni e quasi il 48% dichiara che negli ultimi due anni sono stati introdotti strumenti tecnologici finalizzati al miglioramento della comunicazione e della collaborazione intergenerazionale. In questo senso, gli strumenti ritenuti più efficaci, per il 67%, sono le piattaforme di collaborazione come Slack e Microsoft Teams, seguite dai sistemi di feedback continuo come 15Five, Lattice, BambooHR (38%).
Allo stesso tempo, tra gli aspetti percepiti come più urgenti da adattare in base alla generazione delle persone coinvolte spiccano l’adozione di politiche di lavoro flessibile (70%), pianificazione della carriera (59%), formazione (40%), iniziative di team building (35%) e progetti di innovazione e tecnologia (33%).
Dal sondaggio emerge inoltre che le attività maggiormente messe in campo per migliorare la collaborazione intergenerazionale riguardano l’implementazione di politiche di lavoro flessibile (45,7%), la creazione di team misti con componenti di età diverse (42,6%), programmi di mentorship (26,6%) e corsi di formazione (13%) sulla comunicazione intergenerazionale.
Aumento della collaborazione e maggiore coinvolgimento dei dipendenti sono i benefici segnalati dagli HR che hanno messo in pratica queste tattiche. A seguire, un netto miglioramento della comunicazione e la riduzione dei conflitti tra collaboratori di età diverse.
Quasi il 60% degli intervistati inoltre ritiene che le nuove professioni favoriranno l’innovazione e l’apprendimento reciproco.
L’approccio di apertura verso le figure junior e senior ha il fine di interpretare i bisogni e risolvere attriti e ostacoli fornendo soluzioni adatte a esigenze intergenerazionali.
“Un’unica azienda è formata da più persone. E ogni persona appartiene a una specifica generazione con i suoi valori, le sue aspettative, i suoi metodi di comunicazione. Ecco cosa si trova tra le mani l’HR Manager di oggi: una realtà multiforme che richiede strategie di comunicazione, Talent Attraction ed Employer Branding mirate. La cattiva notizia? Non è semplice dirigere questa “orchestra”. Quella buona? È una delle prove più appassionanti che possano esistere e l’HR sta già portando un altissimo valore in questo senso, prendendo consapevolezza della tematica e attrezzandosi per vincere la sfida”, dichiara Alessandro Raguseo, CEO e Co-Founder di Reverse.
About Reverse
Reverse offre alle aziende servizi di headhunting e consulenza HR. L’azienda, fondata nel 2017 da Alessandro Raguseo e Daniele Bacchi, lavora in Italia, Francia, Germania e Spagna e ha sedi a Milano, Bologna, Berlino, Parigi e Barcellona. In seguito alle nuove assunzioni avvenute nel 2022, Reverse può oggi contare su un organico complessivo di 150 dipendenti. L’azienda si distingue sul mercato per il modello di business digitale e l’approccio scientifico alle Risorse Umane che abbina tecnologia e relazioni umane, per dare alle aziende la certezza di ingaggiare le migliori figure strategiche. Dal 2020, per quattro anni di seguito ha ottenuto la certificazione Great Place to Work, oltre ad essere stata premiata come Great Place to Work for Women.